
Da Magic Leap, un viaggio immersivo sui senzatetto, per mettere in scena la tragedia di chi non ha più una casa
Lo dico da un po’ che questa roba arriverà ad essere davvero utile, fino a renderci migliori, forse, un giorno. Non che ogni progetto di realtà aumentata o virtuale debba impegnarsi nella sensibilizzazione verso una data tematica, nella difesa degli oppressi o nel combattere il riscaldamento globale. Ma è chiaro che un nuovo strumento tecnologico dimostra il suo impatto anche mettendosi a disposizione dei temi che contano, appunto: umanità, empatia, diritti, salute, ambiente.
Magic Leap, uno degli attori principali nel nascente mondo della realtà estesa, non nasconde la propria vocazione narrativa, e ci propone un altro suggestivo viaggio, questa volta nel dramma, assai frequente in US, dei senzatetto. Persone sfrattate, che non hanno perso solo una casa, ma dei figli, una famiglia, una dignità.
Un tema sul quale ovviamente esiste già una buona letteratura, ma che oggi può essere fruito in una modalità ulteriore e inedita.
“These Sleepless Nights”, questo il titolo dell’esperienza disponibile solo ai possessori del visore Magic Leap One, racconta tutto ciò in un linguaggio a metà tra videoarte, documentario e film interattivo. Scritto e diretto da Gabo Arora, è ispirato al libro premio Pulitzer ‘Evicted’, di Matthew Desmond.
Quello proposto dall’esperienza, è uno sguardo che si distribuisce su più canali prospettici, e che raggiunge l’utente da molteplici direzioni. L’obiettivo è dare pertinenza, consistenza e profondità all’esplorazione di questa condizione drammatica, generando un senso di vicinanza e comprensione profonda verso chi la subisce, andando a toccare direttamente la coscienza dello spettatore/partecipante.
Già, perché questa nuova categoria che possiamo semplicemente chiamare esperienza interattiva, è qualcosa di più di un film. La sua modalità di fruizione “attiva”, genera un maggior coinvolgimento, avvicinando la visione alla vita.
Magic Leap cerca questo effetto attraverso lo spatial computing, una tecnica per distribuire contenuti digitali multimediali intorno all’utente e non soltanto di fronte: negli angoli, in luoghi specifici, nell’etere che colma la percezione del reale. Una dimensione con un livello di presenza nettamente superiore a quello dato, ad esempio, da una comune immersione televisiva o cinematografica.
Nell’esperienza, l’audio gioca un ruolo predominante. Alcune parti lasciano lo spettatore al “buio”, guidato da voci e narrazioni unicamente sonore. Ma è un audio diverso da quello di una radio o di un podcast. Il suono è infatti dipendente dallo spazio nel quale il corpo si muove, dai movimenti stessi, dall’interazione con i contenuti olografici che nello spazio si dipanano. Per la prima volta prendiamo confidenza con il concetto di “movimento dentro le storie”.
Più che rappresentare, These Sleepless Nights cerca di connettere l’utente con le storie di alcuni protagonisti. Lo fa con forme ibride, rappresentando ricordi, memorie, racconti, immagini; unendo la crudezza della testimonianza con l’evanescenza di forme astratte. Si è catapultati dentro queste storie, cablati a frammenti di vita di altri, con una distanza che si fa sempre più corta, sempre più adiacente al ruolo in prima persona del cronista, che diventa così una sorta di medium.
E quindi, l’obiettivo finale di un contenuto di questo tipo, può essere accompagnare le persone in quella zona di confine nella quale la storia colma la sua naturale distanza per diventare testimone, e fare in modo che dall’esperienza della rappresentazione si esca cambiati, anche solo un po’, anche soltanto un po’ meno indifferenti.
Photo by Ev