Realtà virtuale ed empatia

Mettersi nei panni dell’altro

Se pensate che la realtà virtuale sia “solo” un gingillo per videogiocatori o uno strumento fantascientifico per sognare a occhi aperti, beh, oggi vi presento uno degli aspetti che più amo di questa disciplina: la creazione dell’empatia.

Alcune esperienze di VR (virtual reality) hanno l’obiettivo, o hanno già dimostrato, di poter influenzare il nostro rapporto con gli altri o con la natura.

Una strada tecnologica per un mondo più interconnesso.

Vi racconto cosa sta succedendo e cosa succederà.

Attraverso la realtà virtuale non è soltanto possibile passeggiare in un mondo digitale. È anche possibile cambiare il proprio punto di vista: guardare con occhi diversi, gli occhi di qualcun altro.

Un video immersivo realizzato dal the Guardian, dal titolo 6×9, ci proietta nella soggettiva di un detenuto.
All’inizio sembra un semplice film. Poi iniziamo a provare qualcosa. Il video trasmette direttamente ai nostri sensi, le sensazioni distorte provocate da una prigionia prolungata. Il senso di levitazione, le allucinazioni, la claustrofobia, le urla degli altri detenuti iniziano a farci percepire un forte malessere.

Avete presente quando si dice “mettersi nei panni di qualcuno?”

Ecco, parlo esattamente di questo. Un processo che ci rende più consapevoli, più sensibili verso l’altro e verso le condizioni dell’altro, spesso vissute solo in termini “intellettuali”.

Sappiamo tutti cosa comporta la prigionia, ma chi non è stato in carcere non può veramente “sentire” cosa si prova.

Un’altro progetto si chiama “In the eye of the animal” e fa proprio questo.
Sapevate che uccelli, rettili e insetti vedono il mondo in maniera radicalmente diversa dalla nostra? Si? Ma avete mai visto con i loro occhi?
Bene, qui si può avere un’idea di che cosa significhi volare o cacciare in una foresta con i sensi di un gufo, di una rana o di una libellula.

Vivere questa breve esperienza a me ha dato una scossa molto forte. Non per il “gioco” in sé, ma per la riflessione che induce: il mondo non è solo come lo vediamo noi. Ci sono tanti mondi quanti sono i modi di percepire delle innumerevoli creature che lo abitano. Creature così affascinanti e meritevoli di rispetto per la loro unicità e per il loro non essere semplicemente elementi coreografici di un ecosistema del quale ci sentiamo padroni, ma che invece dovremmo fare lo sforzo, umile, di comprendere e proteggere.

Ed è solo l’inizio.

Photo by Benjamín Gremler

L'autore

Antonio Laudazi

Innovation manager e consulente su strategia e trasformazione digitale. Nel 2012 fondo una delle prime agenzie specializzate in tecnologie immersive.
Autore del libro “Niente sarà più come prima”, (Dario Flaccovio Editore) e docente di tecnologie immersive presso l’Accademia Leonetto Cappiello di Firenze.
Co-fondatore di Psicologia 4D, laboratorio sul trattamento delle fobie tramite psicoterapia e realtà virtuale.

Antonio Laudazi

Innovation manager e consulente su strategia e trasformazione digitale. Nel 2012 fondo una delle prime agenzie specializzate in tecnologie immersive.
Autore del libro “Niente sarà più come prima”, (Dario Flaccovio Editore) e docente di tecnologie immersive presso l’Accademia Leonetto Cappiello di Firenze.
Co-fondatore di Psicologia 4D, laboratorio sul trattamento delle fobie tramite psicoterapia e realtà virtuale.

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Il gufo è simbolo di conoscenza, saggezza e capacità di osservazione. Il modo in cui vede è molto diverso dal nostro, ma come noi vede ciò che gli serve per sopravvivere. In questo, al pari di altri animali, mi ricorda che la realtà è relativa e che la natura non ha pensato solo ad “ottimizzare” l’uomo.
L’innovazione ha questa stessa caratteristica. Può offrire punti di osservazione completamente nuovi, e offrire una differente interpretazione del mondo.