
Siamo abituati ad associare il concetto di media a un formato audiovisivo. Ma con la realtà virtuale le cose potrebbero cambiare. A partire dall’olfatto.
La radio, il cinematografo, la tv, internet. Il media sembra essere qualcosa che si vede e si ascolta. Ma abbiamo anche altri sensi. Magari non così facili da trasportare nell’etere, ma altrettanto importanti. E se, come dico spesso, con le tecnologie immersive si apre l’era delle esperienze digitali, mi sembra logico che tali esperienze inizino a sfruttare anche altri “recettori” che il nostro copro ci mette a disposizione.
Anche pensando alla realtà virtuale tendiamo a focalizzarci sugli aspetti visuali o audio-visivi, proprio perché siamo abituati a pensarla come una tecnologia derivata da altri media. Ma non si ratta di un nuovo formato video. Piuttosto di una mutazione genetica rispetto alla nostra capacità di creare o riprodurre la vita.
Certamente la vista, in quest’epoca, è il senso più utilizzato. Quella contemporanea è una civiltà estetizzante, e il giudizio che sovrapponiamo alle cose proviene essenzialmente dalla sua forma, da come appare.
D’altronde gli occhi sono anche estremamente rapidi a recepire gli stimoli e a trasferirli al cervello affinché possa elaborarli. Basti pensare che la luce viaggia a 300.000 km al secondo contro i soli 1.200 km/h del suono.
Ma è il momento che altri sensi entrino in gioco.
Il tatto è una nuova frontiera che già possiamo intravedere. Grazie alla robotica e a dispositivi aptici indossabili, presto saremo in grado di percepire la consistenza di oggetti virtuali o che si trovano dall’altra parte del mondo.
Ma con una tecnologia che punta sempre di più a riprodurre la sensazione di presenza propria della realtà, c’è un altro senso in coda per fare la sua parte: l’olfatto.
L’olfatto nella realtà virtuale
L’olfatto è un senso finissimo che diamo troppo spesso per scontato. Crediamo che sia qualcosa di animalesco, e in effetti ci protegge da possibili pericoli e ci da indicazioni su quale sia il giusto partner per noi. Ma è anche il senso di reminiscenze profonde, di ricordi legati a particolari profumi che come chiavi misteriose spalancano finestre improvvise sulla nostra memoria. Ed è il senso poi del piacere e del gusto: provate ad assaggiare un qualunque piatto, o a degustare un buon vino con il naso tappato e vi renderete conto di quanto il “palato” da solo conti ben poco.
In ambito virtuale, uno dei primi casi risale a qualche anno fa: una startup giapponese pubblico su Kick Starter una campagna di crowdfunding per un dispositivo in grado di aggiungere odori ai videogame in VR.
Oggi, con una tecnologia più matura e compatibile, arriva Feelreal a ribadire il concetto (https://feelreal.com/).
Si tratta di una maschera sensoriale che si adatta ad alcuni dei device per la realtà virtuale attualmente in commercio. Nella maschera si possono inserire dei set di odori specifici per film, videogiochi ed esperienze VR. Una sorta di cartucciera per aromi.
Il sistema poi dovrebbe individuare particolari scene del film o del gioco e liberare odori che in qualche modo corrispondono all’ambientazione nella quale ci si trova, rendendo l’esperienza più immersiva.
Tra i primi titoli compatibili, niente meno che il blockbuster Sklyrim VR, a testimonianza di quanto sia importante l’integrazione con piattaforme e sistemi già esistenti.
È sicuro che mentre oggi siamo qui a parlare di questo caso di studio, altre startup in tutto il mondo stanno progettando o pubblicando progetti relativi all’olfatto virtuale. Il mercato si sta costruendo adesso, le soluzioni sono probabilmente imperfette, ma svolgono un compito fondamentale: indicano una direzione.
Photo by Jeff Nissen