
Video sferici, 360, 3d, VR. Tante sfumature e variazioni sul tema che però confondono gli addetti ai lavori o i semplici curiosi.
Vediamo allora di capire in cosa si differenziano le varie declinazioni di quella che può apparire come una evoluzione del formato video, ma che a mio parere sta assumendo sempre più caratteristiche di unicità.
Non una competizione per la sopravvivenza, come in parte fu per cd e vinile (due supporti e esperienze differenti), ma probabilmente una mutazione genetica.
Partiamo dal passato recente.
Primi esempi di foto e video 360
In principio furono le foto sferiche, fatte amatorialmente anche con alcune app per cellulare. Occorreva girare svariate volte su se stessi tentando ti tenere la mano ferma ma il risultato era esaltante.
Ricordo ancora la mia prima foto sferica (o 360 che dir si voglia), scattata in cima alle Dolomiti!
Poi un giorno vidi per caso un video dell’artista islandese Bjork (se non la conoscete correte subito ai ripari). Una delle prime a pubblicare su Youtube un videoclip 360.
Se le foto erano molto carine e in certi casi anche utili, i video hanno introdotto una piccola rivoluzione.
Allora era molto costoso produrre un video immersivo, ma nel giro di pochi anni le soluzioni tecnologiche hanno visto un crollo dei prezzi fino a diventare pienamente accessibili.
Oggi un video 360 costa come un video “normale”. E In realtà non è che sia meglio, o peggio.
È semplicemente un’altra cosa.
Dunque che differenza c’è tra video 360, video 3D e video VR (virtual reality)?
VIDEO 360
Il video 360 è un formato sferico. 360 sono i gradi dell’angolo di visone, che risulta appunto completo (tranne che per una piccola toppa che si può notare in alcuni casi al polo inferiore).
Trovate innumerevoli video 360 da Youtube, la maggior parte brutti e privi di significato, improntati unicamente sul senso di novità.
Ma se ben sceneggiati, i video 360 offrono un’esperienza di visione nuova, nella quale l’azione può svolgersi ovunque intorno a noi e non soltanto di fronte, come invece accade nel cinema.
Il videoclip di Bjork mostrava l’eclettica musicista muoversi intorno al punto di ripresa, duplicarsi, portando lo spettatore a guardarsi attorno, per seguirla e per scoprire cosa sarebbe successo e dove.
Per fare un video 360 oggi si può utilizzare una videocamera da poche centinaia di euro che in automatico riprende appunto a 360° (spesso montando due obiettivi da 180°). Nonostante l’alta definizione dichiarata (ormai tutte arrivano a 4K), come sempre la qualità del risultato finale è ovviamente commisurata al costo di apparecchiatura e operatori.
Agli esordi, quando i prodotti consumer erano assenti, si usavano delle complesse impalcature sulle quali venivano montate diverse reflex, con precise angolazioni, così da riprendere una scena sferica ad alta definizione.
Poi c’era un notevole lavoro di post produzione per montare il puzzle, senza che si vedessero le “cuciture” delle singole riprese.
Anche oggi i prodotti di maggior qualità vengono spesso prodotti così, perché il risultato era ed è ancora nettamente migliore. Ma parallelamente si è sviluppato un mercato alla portata di tutti.
VIDEO 3D
Un video 360 può essere anche 3D, ma non per forza.
Comunemente con 3D si intende un video stereoscopico. La radice “stereo” così come nell’audio, si riferisce a un duplice canale (destro e sinistro).
Madre natura ci ha dotato di due occhi a una determinata distanza tra loro affinché la piccola differenza di angolazione rispetto al punto dove guardiamo desse come somma la percezione di profondità che abbiamo del mondo.
La stereoscopia ci offre anche in un video la profondità e la tridimensionalità dello spazio, delle distanze e delle cose.
Dunque una videocamera è anche 3D se anziché avere un solo obiettivo (un solo occhio) ne ha una o più coppie. In pratica riproduce la morfologia umana per restituire profondità e tridimensionalità.
Youtube supporta ormai da tempo video stereoscopici, ma per vederli ci vogliono degli appositi visori (li trovate come carboard, vr goggle, o semplicemente vr headset), dotati di due lenti che trasformano un video binoculare in una visione omogenea.
Costano dai 15 ai 100 euro, basta inserire dentro lo smartphone e il gioco è fatto.
Senza questi visori il video apparirà appunto sdoppiato e privo di senso (fate pure una ricerca per video 3d e ve ne renderete conto).
VIDEO VR
Video VR è alternativamente un sinonimo di video 3D o di un qualunque video fruibile in ambiente virtuale. Quindi non solo ripreso dal vivo, ma anche frutto di un’animazione in computer grafica.
COME LAVORARE A UN VIDEO IMMERSIVO?
Quale che sia la declinazione e la tecnologia, siamo di fronte a un formato che porta con se nuove regole e nuove opportunità.
La prima è appunto quella di scrivere soggetti e sceneggiature che sfruttino l’immersività per creare esperienze di visione inedite.
Se stai pensando a un video 360 o 3D il mio consiglio è di scriverlo sapendo che non è un normale video, o di affidarti a un autore che sappia gestire questa dimensione.
Tanto per cominciare, non ha senso sviluppare un video 360 o 3D se l’azione si svolgerà sempre e solo in un unico punto. Occorre sfruttare questa circolarità, e rendere la possibilità di guardarsi attorno un veicolo di senso e stupore per lo spettatore.
Cinema e video immersivi
Il cinema ci ha abituato a convenzioni come il campo e fuori campo, ossia ciò che accade dentro lo schermo e ciò che accade fuori (perché noi vediamo solo una parte di ogni storia); tutti concetti che qui cambiano forma.
Stessa cosa per lo sguardo filmico, quella visione del mondo che l’autore vuole trasmettere guidando l’attenzione dello spettatore attraverso precise scelte di ripresa, regia e montaggio. Ecco, in un video immersivo lo spettatore può guardare dove vuole, il che cambia tutto o quasi.
Il sonoro acquista un ruolo ancora più determinante: nel cinema tradizionale un suono ci dice qualcosa su ciò sta accadendo; in un video immersivo può indurci all’azione, facendoci voltare in una precisa direzione.
Infine, se nel cinema l’autore sa già cosa accadrà, in un video nel quale può guardare dove ti pare lo spettatore potrebbe scegliere in ogni momento una prospettiva che non era stata prevista o che è impossibile da prevedere.
Più che fare un paragone, conviene dunque concepire il video immersivo come un altro media, con enormi mezzi espressivi, ma non per questo migliore di un video 2D.
La domanda dunque diventa: quando la scelta di produrre un video immersivo risulta vincente e quando conviene ancora pensare ad un formato tradizionale?
Ne parliamo in un altro post.
Photo by Bryan Goff